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Altra Economia - Turismo Responsabile

Approccio al turismo nato alla fine degli anni ‘80 e caratterizzato da una duplice preoccupazione: per l’ambiente visitato e per il benessere delle popolazioni che lo abitano.

Il turismo negli ultimi decenni:
  • è diventato la principale attività economica del pianeta, sposta 5-6 miliardi di persone l’anno, occupa milioni di lavoratori (1 ogni 15 occupati in tutto il mondo) ed è destinato a crescere esponenzialmente, visto lo sviluppo dei trasporti ed elle comunicazioni;
  • ha spesso – soprattutto nelle applicazioni “di massa” e “di lusso” - ricadute negative su ambienti, culture, società, economie dei paesi di destinazione, in particolare nel Sud del mondo;
Da qui nasce l’esigenza di stabilire precisi limiti e condizioni allo sviluppo del settore, in difesa innanzitutto dei paesi più poveri – dove si concentra gran parte del patrimonio ambientale del pianeta e vivono popolazioni in difficoltà – ma anche di territori e popolazioni dei paesi ricchi, per un turismo rispettoso dell’ambiente, dei suoi abitanti e delle sue culture.

I principi del turismo responsabile sono:
  • massimo rispetto per l’ambiente, in particolare per l’ecosistema e la biodiversità (minimizzare l’impatto ambientale di strutture e attività);
  • massimo rispetto per le popolazioni locali, la loro cultura e le loro tradizioni;
  • consenso informato di tali popolazioni sulle attività intraprese a scopo turistico;
  • coinvolgimento delle popolazioni in tali attività, condivisione con esse dei benefici socio-economici derivanti dal turismo e - dove possibile - loro partecipazione attiva nella gestione delle imprese ecoturistiche.
Concretamente, gli operatori del settore devono:
  • rispettare e incoraggiare il diritto delle comunità locali a decidere sul turismo nel proprio territorio;
  • informare utenti e comunità locali sul prodotto-viaggio e sul suo impatto locale;
  • garantire massima trasparenza su costi e condizioni di viaggio, informando gli utenti sulle caratteristiche dei territori e delle popolazioni visitate e chiedendo loro un corretto comportamento (rispettare l’ambiente e il territorio, non ostentare ricchezze stridenti con la realtà locale, non chiedere privilegi che possano avere impatto negativo sull’ambiente, non assumere comportamenti offensivi degli usi locali, per foto o video assicurarsi il consenso della persona ripresa ecc.);
  • sviluppare una positiva interazione tra turisti, industria turistica e comunità ospitanti, favorendo contatti diretti tra viaggiatori e comunità locali e incoraggiando la conoscenza e il rispetto delle diversità culturali;
  • minimizzare i danni dell’impatto socioculturale ed ambientale:
    • privilegiando alloggi, ristoranti, strutture, trasporti compatibili con l’ambiente (per presenza di depuratori, corretto smaltimento rifiuti, risparmio energetico), meglio se a carattere familiare e su piccola scala;
    • privilegiando servizi di accoglienza – trasporti, alloggi, ristorazione – in linea con la cultura del luogo (cibi e bevande prodotti localmente e non estranei alla cultura locale);
    • scegliendo partner locali che rispettino le norme sindacali stabilite dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro): orari ragionevoli, nessuno sfruttamento del lavoro minorile, paghe eque secondo i salari locali ecc.
    • prevedendo piccoli gruppi di partecipanti e tempi/itinerari non frettolosi, tali da consentire un’adeguata conoscenza e interazione con la realtà locale;
    • utilizzando accompagnatori opportunamente formati (meglio se guide locali) che fungano anche da facilitatori interculturali, agevolando l’approccio del turista al contesto visitato, i suoi contatti con la popolazione e la sua partecipazione a feste o spettacoli tradizionali;
    • verificando che parte (certificabile) dei soldi spesi dai turisti si ridistribuisca in loco in modo equo (dall’alloggio all’acquisto di autentico artigianato locale); nel caso di multinazionali, verificare che ci sia una effettiva e consistente ricaduta positiva sull’economia locale;
    • verificando e documentando (con questionari, incontri, colloqui) i risultati del viaggio, il livello di soddisfazione dei partecipanti, il gradimento della comunità locale e trarne suggerimenti per le successive esperienze.
L’importanza del turismo responsabile è andata aumentando dagli anni ‘80 ad oggi. Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2002 Anno Internazionale dell’Ecoturismo e la Commissione ONU per lo Sviluppo Sostenibile ha invitato gli operatori del settore e le autorità politiche ad una più stretta collaborazione al fine di promuovere questo nuovo modello di turismo.
Nel 2002 sono stati condotti i primi studi estensivi sulle proporzioni del fenomeno in 7 paesi occidentali: Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti.

In Italia il fenomeno inizia tra gli anni ’80 e ’90, con campi di volontariato in Paesi del Nord e del Sud del mondo organizzati da onlus e ong italiane (che inseriscono queste esperienze all’interno dei propri progetti), diretti soprattutto a giovani interessati a viaggiare spendendo poco e collaborando a progetti di risanamento o sviluppo locale.
Le prime esperienze di turismo solidale vero e proprio risalgono al 1991 quando l’associazione RAM-Robe dell’Altro Mondo organizza due viaggi, uno in India e uno in Nepal, quindi il settore si allarga e si estende ad altre associazioni e Paesi.
Nel 1997, a Verona, undici associazioni firmano la Carta d’identità per viaggi sostenibili, documento fondante dell’AITR-Associazione Italiana Turismo Responsabile che viene formalmente istituita l’anno successivo.
Nel 2002 l’indagine sopra citata rileva per l’Italia un giro d’affari legato all’ecoturismo stimabile al 2% del mercato turistico complessivo, con potenziali di crescita annua del 20%. Gli operatori specializzati sono in genere piccole associazioni ma da qualche tempo anche grandi tour operator hanno cominciato ad inserire nella loro offerta pacchetti ecoturistici o naturalistici.

Poiché in alcuni casi il marchio “ecoturismo” o “turismo responsabile” può essere sfruttato a fini pubblicitari e non corrispondere ai criteri sopra indicati, molte associazioni stanno chiedendo una forma di certificazione degli operatori ecoturistici, come già avviene per i prodotti del Commercio Equo e Solidale.
 

Edizione contenuti Aprile 2012 - Riedizione grafica Luglio 2013
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