Pace: da Utopia a Obiettivo PoliticoE’ storicamente uno dei concetti più difficilmente definibili. La storia della filosofia nonché quella delle religioni narrano di una lunga serie di definizioni di quell’utopia chiamata pace.
Con riferimento ai rapporti fra individui, organizzazioni, stati nazionali, la pace potrebbe essere definita come una situazione caratterizzata dall’assenza di conflitti. Ma tale definizione appare sicuramente insufficiente. Una vera cultura della pace, una vera pace, non è quella che consegue alla sospensione delle guerre. La pace non è semplicemente una tregua o un armistizio. La lingua greca con la parola eirene suggerisce che pace è solo la condizione di quello stato in cui non c’è guerra, dove essa è sospesa; mentre il latino pax è altrettanto insufficiente, poiché esprime la situazione che consegue agli accordi stipulati dopo un conflitto armato (il trattato di Westfalia, il Congresso di Vienna o la Conferenza di Yalta, ad esempio), in cui generalmente si tratta della pace del vincitore imposta ai vinti. Ma non è neanche questo! La vera condizione di pace è forse quella che corrisponde, nella tradizione occidentale, alla parola ebraica sălôm, che vuol dire appagamento, benessere interiore, salute, salvezza, ma anche restituzione e riparazione, giustizia umana e storica, una parola nata dal profetismo biblico e penetrata ovviamente nel messaggio cristiano. Con una Dichiarazione sulla cultura della pace, l’Assemblea delle Nazioni Unite, nel settembre del 1999, ha riconosciuto che “le guerre hanno inizio nella mente degli uomini e che è nella mente umana che bisogna iniziare a costruire la pace”. Si tratta in primo luogo di un compito educativo, seguito dal dovere dell’informazione, dalla responsabilità che pesa su ciascuno individuo, dal coraggio delle azioni e dalla determinazione del giudizio; dalla moltiplicazione delle iniziative del pacifismo, dalla pressione sui governi per i cambiamenti necessari in materia di difesa, di politica estera e di bilanci. Un ruolo chiave che compete a genitori e insegnanti, a politici e giornalisti, a organismi umanitari e religiosi, ad intellettuali e operatori sociali, alla politica e all’economia, in breve alla cosiddetta “società civile”. Come ebbe a scrivere a suo tempo Kant, che credeva nella possibilità della “pace perpetua” tra i popoli, debbono essere rimossi tutti quei fattori che impediscono la reale applicazione del diritto all’ospitalità e alla pace. Il documento dell’ONU è stato completato nel 2000 da un Manifesto a firma dei premi Nobel per la pace, un’alta testimonianza in difesa della cultura della pace e a favore della pratica della non-violenza, che è stata definita sulla base di sei principi guida:
La pace, in conclusione, deve cessare di essere un’utopia e deve diventare, sulla spinta di una società civile sempre più consapevole e protagonista, un vero e proprio obiettivo politico, anzi IL vero obiettivo politico planetario. Claudia Lamonaca – Luigi Barbato |
Edizione contenuti Aprile 2012 - Riedizione grafica Luglio 2013
Copyright 2012-2013 ® Comitato Cittadino per la Cooperazione Decentrata della Città di Roma. Tutti i Diritti Riservati.
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