Cooperazione Decentrata
La Cooperazione Decentrata[1] nasce dall’incontro fra attori locali, pubblici e privati, del Nord e del Sud del mondo e consiste in uno scambio – reciproco e partecipato - di esperienze e risorse fra territori e comunità, possibilmente con l’attivo coinvolgimento delle amministrazioni locali. Rispetto alla cooperazione promossa e finanziata dai governi, dagli organismi internazionali o dalle agenzie governative che negoziano principalmente con le autorità nazionali, la cooperazione decentrata privilegia il dialogo tra istituzioni ed enti locali, comunità e associazioni territoriali, organizzazioni della società civile.
Come tutti i fenomeni che scaturiscono dall’incontro tra dinamiche sociali e scelte politiche nazionali e internazionali, la cooperazione decentrata non ha una data di nascita precisa. Nel 1985 la “Charte Européenne de l’Autonomie Locale” del Consiglio d’Europa riconosce il diritto delle collettività locali a cooperare tra loro e con collettività omologhe di altri paesi, ma sarà la IV Convenzione di Lomè - siglata nel 1990 tra CEE e 46 paesi ACP (Africa, Carabi e Pacifico) - a dare al fenomeno un riconoscimento ufficiale, individuandone i principali attori e definendone, a grandi linee, il campo d’azione [2]. |
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In linea di massima, come abbiamo detto, si tratta di un processo di confronto e scambio tra “territori” o “comunità” del Nord e del Sud del mondo, caratterizzato da estrema flessibilità e da strategie e tecniche differenti a seconda dei contesti e degli attori coinvolti. Possiamo tuttavia isolare alcuni denominatori comuni:[3]
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Per quanto riguarda l’Italia, il primo importante riconoscimento della cooperazione decentrata è contenuto nella legge 49 del 26 febbraio 1987 “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo” [5]. Per quanto innovativo, questo riconoscimento circoscrive - almeno sulla carta - il campo d’azione delle autorità locali in un ambito interno all’orbita della cooperazione governativa, della compatibilità con strategie e programmi del MAE-DGCS.
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Qualche anno dopo, nel marzo 1989 e nel gennaio 2000, il Ministero degli Affari Esteri produce due documenti sulla cooperazione decentrata [6] che elencano i potenziali ambiti di intervento della decentrata sul territorio nazionale e nei PVS. Questi documenti, se da un lato riconoscono alle istituzioni locali margini di azione più ampi rispetto a quanto suggerito dalla legge, dall’altro insistono sulla necessità di una stretta collaborazione tra cooperazione decentrata e governativa a testimoniare la tumultuosa crescita della prima e l’esigenza del MAE di regolamentare e coordinare il settore[7].
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Nel marzo 2010 nuove Linee guida della DGCS ribadiscono la centralità della cooperazione decentrata, il crescente protagonismo delle REL (Regioni ed Enti Locali), l’importanza di orientare la cooperazione tra territori verso lo sviluppo reciproco e la necessità di inserire strategie ed attività della decentrata in un quadro di interazioni multi-livello (dal locale al nazionale, all’europeo, al multilaterale) [8].
Citata e corteggiata da tutte le istituzioni nazionali e internazionali, soprattutto da quando la crisi economica ha fatto precipitare ai minimi storici gli stanziamenti governativi per la cooperazione allo sviluppo, la decentrata è oggi sinonimo di una cooperazione attenta alle dinamiche locali, aperta al contributo dei cittadini informati, capace di contribuire ai processi di democratizzazione e di coinvolgere un numero crescente di attori, garantendo la partecipazione e la trasparenza nei processi decisionali. Va infine detto, per completezza di informazione, che nell’ambito della decentrata un ruolo essenziale è giocato da quella particolare componente della cooperazione internazionale che è l’EAS-Educazione allo Sviluppo, attività di informazione/formazione rivolta ai cittadini per far crescere la sensibilità sulle tematiche della solidarietà internazionale e renderli consapevoli dell’urgenza di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e rispettoso di bisogni e diritti del Nord e del Sud del mondo (quello che più sopra è stato definito il “carattere riflettente” della cooperazione). |
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Della cooperazione decentrata è difficile dare una definizione univoca perché si tratta di un fenomeno territoriale, caratterizzato da differenti strategie, tecniche, strumenti di intervento. A titolo meramente esemplificativo riportiamo due definizioni:
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La Convenzione di Lomé è stato lo strumento di gestione del partenariato tra Comunità Europea, Unione Europea e Paesi ACP dal 1975 al 2000. Sarebbe più corretto parlare di “Convenzioni”, visto che la Convenzione - firmata per la prima volta a Lomé nel febbraio 1975 – è poi stata rinnovata diverse volte: Lomé II (1979), Lomé III (1984), Lomé IV (1990). Nel 2000 la Convenzione è stata sostituita dalla Convenzione di Cotonou. Nella IV Convenzione, all’art.20, si legge: “... la cooperazione appoggia inoltre (…) le azioni di sviluppo di parti attive economiche, sociali e culturali, nel contesto di una cooperazione decentrata, in particolare in forma di unione degli sforzi e dei mezzi tra parti attive omologhe degli Stati ACP e della Comunità. Questa forma di cooperazione è in particolare intesa a mettere al servizio dello sviluppo degli Stati ACP le competenze, i modi di azione originali e le risorse di tali parti attive. Le parti attive di cui al presente articolo sono i poteri pubblici decentrati, le comunità rurali e paesane, le cooperative, le imprese, i sindacati, i centri di insegnamento e di ricerca, le organizzazioni non governative di sviluppo, associazioni varie e tutti i gruppi e parti attive che sono in grado e desiderano fornire il loro contributo spontaneo e originale allo sviluppo degli Stati ACP”
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cfr. Mario Grieco, Sergio Lenci, La cooperazione decentrata oltre l’aiuto. Gli attori locali nella ridefinizione dei rapporti Nord/Sud, L’Harmattan Italia, Torino 1999, p. 16 e sgg.
v. anche Stocchiero, La cooperazione decentrata tra crisi italiana…. cit., p. 10 e sgg. |
Sull’argomento cfr. Vanna Ianni, I processi di decentramento e la questione democratica, CeSPI, Roma 2008, p. 47 e sgg.
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All’art.2 comma 5, si dice: “Le regioni, le province autonome e gli enti locali possono avanzare proposte in tal senso alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (…) Il Comitato direzionale (…), ove ne ravvisi l’opportunità, autorizza la stipula di apposite convenzioni con le suddette strutture pubbliche”
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Linee di indirizzo per lo svolgimento di attività di cooperazione allo sviluppo da parte delle Regioni, delle Province Autonome e degli Enti Locali (1989) e La cooperazione decentrata allo sviluppo nell’ambito della cooperazione dell’Italia con i PVS attuata dal MAE-DGCS - Linee di indirizzo e modalità attuative (2000)
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Infatti il fenomeno è in salita. Tra il 1990 e il 2007 quasi tutte le Regioni e Province autonome italiane si danno una legge sulla operazione – le pochissime che non lo fanno organizzano comunque uffici dedicati, stanziano fondi, finanziano progetti – e oltre la metà delle 107 Province e centinaia di Comuni promuovono attività di solidarietà internazionale. Nonostante a norma di legge questi interventi rappresentino per gli Enti Locali una facoltà e non un obbligo, il CeSPI stima che “dal 2000 al 2005 i finanziamenti propri delle amministrazioni locali italiane per la cooperazione decentrata sono aumentati da 20 a oltre 50 milioni di euro, corrispondenti a oltre il 10% della cooperazione bilaterale italiana (senza tener conto dell’annullamento del debito)”. Sono cifre ancora limitate, inferiori a quelle di altri paesi europei, ma continuano a crescere e arrivano, secondo un successivo aggiornamento, “ai circa 70 milioni di euro nel 2007, a cui sono da aggiungere risorse contabilizzate in altri settori che si sono internazionalizzati, come ad esempio la cooperazione sanitaria delle Regioni, che nel 2007 ha impegnato circa 10 milioni di euro”. Conclude il CeSPI: “Se queste sono le cifre si può calcolare come la cooperazione decentrata sia diventata pari a circa 1/3 di quella bilaterale del governo centrale”.
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Linee Guida della DGCS sulla Cooperazione Decentrata, approvate dal Comitato Direzionale con delibera n. 9 del 15/3/2010.
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Edizione contenuti Aprile 2012 - Riedizione grafica Luglio 2013
Copyright 2012-2013 ® Comitato Cittadino per la Cooperazione Decentrata della Città di Roma. Tutti i Diritti Riservati.
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